La polo ha l’aspetto di una t-shirt, solitamente a mezze maniche anche se in commercio esistono modelli a maniche lunghe. La caratteristica principale è il colletto chiuso dai classici due o tre bottoni. Il tessuto canonico è la maglina in piqué di cotone, sebbene non manchino rivisitazioni contemporanee in tessuti sintetici o tecnici con cerniera in sostituzione dei bottoncini tradizionali. Ad oggi la polo è ritenuta una valida alternativa alla camicia, laddove il contesto sia informale ma, comunque, un abbigliamento casual risulterebbe inappropriato.
Il nome “polo” deriva dall’omonimo sport, una sorta di hockey su prato che si giocava in sella a cavalli, i cui giocatori erano soliti indossare una tipica casacca a maniche lunghe con bottoni che chiudevano il colletto, prodotta sin dal 1896 dall’azienda dei Fratelli Brooks, ancora in attività .
Questo capo d’abbigliamento così familiare per noi, in realtà , simboleggia il profondo cambiamento culturale che distacca il ‘900 dal secolo precedente. Sino agli inizi del XX secolo, i giocatori di tennis, sport all’epoca molto elitario, indossavano camicia, pantaloni e pesante giacca blazer. Quest’abbigliamento davvero scomodo fu scardinato dalla geniale idea del celeberrimo tennista francese, René Lacoste, che portò sui campi da tennis nel 1926 la sua “jersey petit piqué”: bianca, a maniche corte con colletto chiuso da tre bottoni e taschino sul petto, caratteristiche strutturali che ancora oggi permangono nella versione più classica. La fortunata intuizione del tennista nacque dall’esigenza di coniugare la comodità della t-shirt, all’epoca utilizzata come indumento intimo, e l’eleganza della camicia in chiave rivisitata. Le esigenze sportive di comodità , fluidità dei movimenti e traspirabilità furono soddisfatte anche dal tipico colletto a coste che, alzato, riparava il collo dalle scottature.
Dal 1927 Lacoste applicò il noto coccodrillo come tratto distintivo che gli valse il nomignolo di “alligatore” anche per la sua indomita tenacia sul campo da tennis. Qualche anno più tardi, dopo essersi ritirato dallo sport agonistico, iniziò la collaborazione con l’amico ed industriale Andrè Giller. Nacque così la produzione in serie e la commercializzazione su larga scala del celebre modello “L.12.12”: “L come Lacoste, 1 per il suo tessuto unico, il cotone petit piquè, 2 per il modello a due maniche corte, 12 come le versioni finalizzate dallo stesso Lacoste”.
L’attuale nome identificativo “polo” dell’ormai nota maglietta si deve, però, all’americano Ralph Lauren che ad inizio anni ’70 creò una raffinata linea di moda, “Polo”, il cui capo must era la “polo shirt” che tutti conosciamo. Da allora la polo ha avuto una diffusione massiccia e molte case di moda ne hanno prodotte infinite varianti. Per quanto riguarda il “Made in Italy” meritano attenzione le confezioni polo di Sergio Tacchini.
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Annunziata Parisi
GC Team
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